Pasquale La Torre

Morte

Morte,

te ne andasti

come eri venuta,

di colpo.

L'insolita visita fu lunga,

senza scadenze

presenza scura intorno vivere,

ora si gracile

e con una certa fine.

Conoscerti è stato facile,

quasi a parir banale,

senza che tu lo fossi, anzi.

Ti prendi tutto,

quel tanto che ci appare tale,

non senti, non vedi,

sei senza ricordi,

non c'è passato nel tuo ventre vuoto,

non c'è passione nel fuoco nero,

solo freddo,

future attese tra il fumo dei giorni

e gli attimi atroci che spengono il presente.

Sei inganno e certezza,

paura e coraggio,

amica e nemica,

l'essenza e il nulla,

l'odore dei cipressi,

il vento che infuria sulla coscienza.

Tu sei il dolore

di una madre senza figlio,

la salvezza di chi non vive.

Negli abissi del mare

traffichi con movenze estreme,

nella terra di croci serpeggi

tra silenzi e buio.

 

Morte,

di te si teme,

si parla solo per dirti scomoda,

trascinarti nel tempo con nuove medicine,

distraendoti coi crisantemi il due novembre.

Chi ricorda invece

la gloria dei vincitori sul sangue dei vinti?

Il vessillo che imponi algi eroi,

il sacrificio dei martiri

che in esso ti hanno abbracciata,

l'immortalità dei santi,

la verità nell'ultima lettera,

il giusto decreto

del tuo tribunale?

 

Il Creato si inchina

e tace  al tuo giudizio,

gli uomini invece son furbi,

si fingono ignari

o tichiamano per dare un senso alla giustizia.

 

Morte,

te ne andasti

come eri venuta,

di colpo.

Ti chiamo per nome

e ti stringo la mano,

il viso impresso sull'anima

si fa più sfocato,

di noi due

nessuno dimentica affatto,

quello che è stato

e che sarà l'attimo esatto.